Era un giorno bellissimo in primavera del 2018. Il sole splendeva nel cielo azzurro. Ero piena di energia e di voglia di vivere. Dopo aver fatto la mia ginnastica giornaliera per preparare il mio fisico per l’estate in arrivo, mi sedevo a mangiare il mio müsli. Intanto, davo un’occhiata a Facebook.
M. T.
Notai una nuova richiesta d’amicizia. Si trattava di una persona di madrelingua inglese e siccome questa lingua mi era sempre piaciuta, accettai entusiasta pensando che questa fosse la mia opportunità di migliorare la mia conoscenza. Da questo momento seguirono conversazioni giornaliere che diventavano man mano più profonde, fino a considerare questa persona come un’amicizia reale. Ci si raccontava della vita, delle attività giornaliere, di valori etici importanti e anche di religione. Ci scambiavamo foto e si cominciò a parlare di un incontro in estate.
Dopo un paio di mesi, questo “amico” mi presentò virtualmente anche suo figlio diciasettenne che abitava in un posto diverso e, via mail anche il ragazzo mi raccontava della sua vita, inviandomi anche lui delle foto. Passati tre mesi di contatto giornaliero e di intenso scambio su temi importanti della vita privata, la persona iniziò a coinvolgermi sui disagi che riscontrava con suo figlio.
Inizialmente mi parlò solo di difficoltà relazionale (come unico genitore viveva grandi difficoltà nell’educazione). Successivamente mi misero a parte anche dei loro problemi finanziari. Prima il figlio, che mi spiegava di non poter proseguire gli studi perché il genitore non riusciva a sostenerlo. Poi, anche il datore di lavoro del mio “amico” che sempre e solo via e-mail mi spiegava il motivo per il quale non era possibile mandare i soldi dal figlio.
In breve tempo, questo mio “contatto” mi chiese di prestargli dei soldi , ma solo per due settimane: avrebbe pagato un volo aereo per recarsi da suo figlio e quindi riportarlo a casa dove avrebbero cercato una soluzione. Non ero convinta perché mi sembrava una strana storia, ma sentivo compassione e quindi decisi di sostenere questa persona in difficoltà che per me era diventata un amico. Per sicurezza mi feci fornire una copia della carta d’identità e un certificato dell’ufficio in cui la persona avrebbe dovuto dichiarare che i soldi erano da restituire entro due settimane. Con questi due documenti in mano mi recai in banca per eseguire il trasferimento della somma.
Il mio “amico” e suo figlio mi ringraziarono tantissimo: per questo mio favore mi sarebbero stati grati per sempre. Un paio di giorni dopo ricevo un’email: il datore di lavoro mi comunicava che il mio “amico” era stato coinvolto in un incidente grave e che non avrebbe potuto tornare a casa. E ovviamente che si sarebbe allungato il periodo previsto per la restituzione del debito. I miei dubbi cominciarono a prendere consistenza: mi rivolsi quindi alla Polizia per verificare la carta d’identità della persona coinvolta. Poco dopo, arrivò come una doccia fredda, la brutale conferma: si trattava di una truffa. Non era possibile scoprire l’identità reale della persona, e, purtroppo, questo tipo di crimine era noto in Italia.
Ho pianto per una settimana. Ho avuto un’accesa discussione in famiglia. Tanti soldi persi per sempre. Soldi che mi ero guadagnata in maniera difficile e soldi dei quali avrei avuto bisogno prossimamente. Il mio mondo era crollato. Migliaia di Euro persi. “Regalati” a una persona senza identità. E non mi sentivo ferita solo sul piano materiale, ma profondamente traumatizzata emotivamente. Mi ero fidata di una persona che in realtà era un fake. Ero delusa da me stessa perché mi ero lasciata ingannare così. Avevo sempre creduto di conoscere l’animo umano. Dopo aver superato questo shock emotivo ho deciso che non avrei permesso a una storia del genere di rovinare la mia vita. Certo, una perdita così ingente avrebbe condizionato economicamente anche gli anni successivi. Ma alla fine erano “solo” soldi. Nessuno mi aveva rubato la mia salute. Nessuno aveva fatto del male ai miei figli o a mio marito. Il danno allora era SOLO finanziario!
Un’amica mi disse: ”Guarda che i soldi sono soltanto una forma di energia!” Iniziai a cercare online nuove opportunità di lavoro. Così ho trovato il mondo Swisscare-Nahrin. Ho tirato fuori le ali. Ho iniziato a riguadagnare i soldi persi. E ho ritrovato l’autostima.
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